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Appartiene alla famiglia dei carciofi, ma è più dolce. Facile da cucinare, può entrare in una vasta gamma di ricette. Per arrivare sulle nostre tavole bello croccante sceglie i mesi freddi. È stato riscoperto nelle terre piemontesi della Valle del Belbo che già in passato lo avevano reso famoso
Qualcuno l’ha definito un ortaggio simpatico. Lo si acquista già praticamente pulito, basta togliere qualche filamento, tenerlo immerso in acqua con qualche goccia di succo di limone e poi lo si gusta crudo, appena scottato, o rifinito in padella. Il cardo gobbo è una ghiottoneria invernale molto ambita, che offre un’alternativa alla monotonia di cavoli, cavolfiori,verze e broccoletti.
Il suo areale produttivo per eccellenza è la Valle del Belbo, quel territorio piemontese definito Basso Monferrato astigiano. Lungo le sponde del fiume, tra Nizza Monferrato, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo i terreni sono sabbiosi e adatti alle colture di questa pianta scientificamente chiamata Cynara cardunculus, e che potrebbe essere l’antenato del carciofo (Cynara scolymus). Cynara si riferisce al colore delle foglie, che nella parte inferiore sono verde cenere. Le origini del cardo vanno ricercate nel Nord Africa, e l’ortaggio era già noto ai Greci e ai Romani. Le sue infiorescenze venivano utilizzate per produrre il caglio vegetale per formaggi caprini e ovini. Una tecnica ancora utilizzata e che ha reso celebri alcuni prodotti abruzzesi.
La coltura del cardo si è estesa nel bacino del Mediterraneo. La pianta non ama l’umidità e neppure il freddo prolungato ed eccessivo. Occorre arrivare al Cinquecento per sentirne parlare come di un ortaggio di pregio; si otteneva con la tecnica particolare dell’imbianchimento, che consiste nel sotterrare la pianta lasciando fuori solo una parte delle foglie, in modo che i fusti, non prendendo luce, non possano attivare la fotosintesi clorofilliana, rimanendo così bianchi e dolci.
Sembra che questo metodo sia nato dall’osservazione dei contadini nel vedere come diventavano bianchi e dolci alcuni ortaggi conservati in cantina, al freddo e al buio. C’era solo il problema che la pianta, essendo stata estirpata, appassiva e si doveva quindi trovare un sistema per farla crescere al buio conservandola nel terreno con le sue radici. La soluzione più ovvia fu coprirla di terra e fu vincente. Il cardo diventa gobbo proprio perché cerca la luce tentando di aprirsi un varco nel terreno e trova resistenza.
Oggi si utilizza il metodo dell’imbianchimento per diversi ortaggi e verdure; tra i più pregiati l’asparago bianco di Bassano e il radicchio rosso tardivo di Treviso, per il quale però non si usa la terra, ma si tiene la pianta al buio nell’acqua. In questo caso le foglie assumono un colore rosso. C’è parecchio lavoro dietro queste preparazioni e in vendita non hanno scarti. Ciò giustifica il prezzo leggermente più elevato.La stagione del cardo gobbo inizia con la semina in primavera, seguono poi i diradamenti delle prime piantine, e verso settembre, quando l’ortaggio è maturo, si fa una legatura a tre quarti della sua altezza che gli fa assumere un aspetto a uovo di pasqua. A fianco si scava un solco, lo si corica, facendo attenzione a non rompere la radice e poi lo si ricopre lasciando fuori solo la punta delle foglie.
Un campo di cardi gobbi a ottobre si presenta come una serie di solchi paralleli accompagnati da montagnette dalle quali spuntano le foglie degli ortaggi. Per evitare che il cardo riesca a uscire dal terreno occorre sempre sorvegliarlo e aggiungere terra se necessario. Dopo almeno un mese, ossia tra ottobre e novembre, inizia la raccolta. Il coltivatore nota le crepe sul terreno, indice che l’ortaggio sta ancora spingendo ed è maturo. Lo confermano alcune foglie esterne marcite che racchiudono un cuore croccante e tenero, bianchissimo. Lo si pulisce subito eliminando più di due terzi delle foglie fino a che si arriva al cuore. Occorre trasportarlo con attenzione poiché, se si spacca annerisce subito, e diventa meno appetibile alla vista. C’è chi al posto della terra utilizza il nylon scuro per coprire le piante, tecnica spiccia ma che non dà gli stessi risultati della terra perché il cardo non rimane così dolce.
Dal punto di vista salutistico questo ortaggio ha un’azione tonica e stomachica, protegge il fegato, abbassa il colesterolo e la glicemia. Trattandosi di un ortaggio rustico non sono necessari diserbanti né anticrittogamici ed è quindi privo di sostanze nocive.
L’unica pecca di questa delizia gastronomica è la difficoltà di rintracciabilità sul mercato. Attualmente se ne producono circa 300 quintali e i produttori sono una decina
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