Finocchi
Il finocchio è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae. (Ombrellifere).
Conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà aromatiche, la sua coltivazione orticola sembra che risalga al XVI secolo.
Da esso è derivato il termine infinocchiare, senso di “truffare, imbrogliare” che deriva dalla pratica di utilizzare il finocchio come antipasto per ingannare il gusto del cliente nei confronti di un vino di scarsa qualità o di utilizzarne i semi per alterare il gusto del vino imbottigliato.
In cucina si possono usare tutte le parti del finocchio. Si può mangiare il grumolo bianco del finocchio coltivato, erroneamente ritenuto un bulbo, crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e lo si può aggiungere agli stufati.
Del finocchio selvatico, chiamato in cucina anche “finocchina” o “finocchietto”, si usano i fiori freschi o essiccati, i frutti o “diacheni”, impropriamente chiamati “semi”, che sono più o meno dolci, pepati o amari, a seconda della varietà, le foglie (o “barba”) e i rametti. Questi ultimi, più o meno grandi, sono utilizzati nelle Marche per cucinare i bombetti (lumachine di mare) o per conciare le olive sotto sale con peperoncino e aglio. Si usano le foglie fresche e sminuzzate per insaporire minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi. Nella “pasta con le sarde”, nota ricetta siciliana, le foglie del finocchio selvatico sono uno degli ingredienti essenziali.
Si usano i fiori per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale, in particolare la “porchetta” dell’Alto Lazio e dell’Umbria. I cosiddetti “semi” si usano soprattutto per aromatizzare tarallini (Puglia), ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. Inoltre fanno parte della ricetta del finocchino, un biscotto tipico del Piemonte. È in uso nelle regioni costiere del Tirreno un “liquore di finocchietto”, per la cui preparazione s’utilizzano i fiori freschi e/o i “semi” e le foglie.
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